I costi dell’agricoltura tra lavoro nero e lobby

Le cronache di questi ultimi giorni di agosto ci dovrebbero far riflettere su  tante contraddizioni sociali legate all’immigrazione clandestina, agli incidenti automobilistici , ai decessi dei lavoratori stranieri, reclutati dai “caporali” , impegnati nelle nostre aziende agricole,  che accettano di lavorare per trenta/trentacinque euro rispetto ai settanta che chiedono i nostri connazionali a parità di orario di lavoro ,con molto meno entusiamo e produttività, almeno per quello che  riferiscono i dati emersi dalle organizzazione di categoria.

Proprio quest’ultime sembrano concordare che trovare un’Italiano disposto a lavorare nel settore agricolo è impresa difficile, inoltre  i nostri  pretendono una paga che spesso è quasi il doppio rispetto ai lavoratori stranieri. Ma qual è il motivo di quest’atteggiamento? Perchè l’Italiano  preferisce essere disoccupato piuttosto che lavorare in questo settore? E perchè molte aziende agricole si rivolgono alla manodopera straniera, utilizzando la mediazione dei “caporali”? E lo Stato italiano come può accettare queste forme d’illegalità, senza porre in essere interventi efficaci per salvaguardare la dignità di tutti e con essa la legalità?

Il problema è abbastanza complesso e , come spesso accade, lo Stato incapace di garantire , anche con strumenti legislativi adeguati, il lavoro e i lavoratori e gli interessi generali, finisce per avvallare il lavoro nero e il caporalato. E questo perchè? Iniziamo a sottolineare che le imposte che sopportano le nostre aziende agricole , sono certamente superiori rispetto a quelle di altre nazioni europee come la Spagna, la Grecia ed altre ancora, che piazzano sui mercati esteri  i loro prodotti prima di quelli italiani. Da noi una maggiore tassazione e una filiera troppo lunga creano di fatto una sperequazione  che penalizza i produttori che vendono a 0,30 euro al chilo, mentre i consumatori acquistano anche a 1,50 euro al chilo lo stesso prodotto, pari al 500% rispetto al costo iniziale!!!!; in mezzo ci sono tre categorie, in modo particolare i mercati generali, che si arricchiscono alla faccia dei primi ( i produttori) e degli ultimi della filiera ( i consumatori) !!!

In queste condizioni, le aziende agricole dovrebbero solo chiudere se dovessero rivogersi a quella manodopera italiana di fatto inesistente e che comunque avrebbe dei costi troppo elevati rispetto al valore dei loro  prodotti che il mercato italiano impone,  mentre noi consumatori dovremmo solo acquistare prodotti provenienti dall’estero, con costi maggiorati e qualità inferiore.

Al contrario basterebbe  tagliare la filiera, aumentare i prezzi  dei prodotti agricoli a vantaggio degli agricoltori, in modo da garantire anche paghe più dignitose e redditi migliori alle imprese agricole, magari sollecitando anche tanti perdigiorno nostrani a lavorare ( vedi iniziative del M5S a proposito del reddito di cittadinanza poco realistiche!!!) , eliminando gli speculatori che guadagnano il doppio rispetto a quello che il produttore e i suoi operai devono dividersi, con il complice silenzio dello Stato. Ma sicuramente le lobby dei grossisti e le logiche dei mercati generali sono più forti di chi lavora e produce reale ricchezza, mentre il “caro” Renzi si gongola  con le sue riforme del “cavolo”, che non hanno prodotto nessun risultato tangibile per i disoccupati e per tanti settori delle attività primarie del nostro Paese.

Per l’Attuazione della Neodemocrazia sociale            Domenico   Cammarano

Pubblicato da Mimmo Cammarano

Sono nato a Salerno il 20/05/1958. Sono sposato ed ho due figli. Sono docente di Storia e Filosofia.