La condizione femminile del terzo millennio.

Non c’è da meravigliarsi se la condizione femminile oggi è allarmante. Mancano tutti i presupposti per una parità di genere e manca l’elemento fondamentale:  il rispetto. Parolona grossa che di questi tempi riecheggia sulla bocca di tutti per una mera figura estetica ma, in realtà, d’importanza basilare per ricostruire quello che chiaramente è andato in pezzi: il concetto di dignità e di libertà.
La parità dei sessi è stata raggiunta solamente sulla carta nonostante anni di lotta e rivendicazioni.
La donna continua ad essere considerata per molti, un elemento di proprietà senza possibilità di sviluppo e di accrescimento personale in quanto costretta a casa e con i figli, sottoposta a condizionamenti di vario genere che ne limitano la libertà d’azione. Fino a poco tempo fa, il valore di una donna veniva misurato solo per gli aspetti riproduttivi e per la sua propensione femminile a pensare prima ai bisogni e alla salute del marito e dei familiari e poi ai propri.
Discriminata in ogni settore, in Italia, ha potuto differenziarsi soltanto con l’avvento della guerra. Fino ad allora, nulla poteva far pensare ad una donna diversamente abile dal far figli e pulire casa. La donna ha dovuto necessariamente sostituirsi all’uomo, impegnato al fronte, non solo per le decisioni educative e familiari ma anche nell’agricoltura, nelle fabbriche, nella attività commerciali e formative  e più tardi ha visto la propria introduzione nel settore tessile, manifatturiero ed impiegatizio. Di importanza fondamentale sono state le crocerossine e le religiose anch’esse impegnate al fronte per assistere e medicare i feriti e i malati. Anche le scrittrici e le giornaliste hanno avuto un’importanza di rilievo, narrando fatti di cronaca e di propaganda. Purtroppo, con il cessare della guerra, i veterani tornarono riprendendo i propri ruoli gerarchici, rispedendo le donne “al loro posto” appellandosi alla retorica della maternità e del riequilibrio familiare. L’emancipazione femminile per quanto timida, ha subito un forte arresto o meglio, un’inversione di marcia con una sostanziale differenza: la donna, costretta a subire la perdita di una propria autonomia conquistatasi indipendentemente, ha acquisito la consapevolezza delle proprie abilità anche al di fuori della famiglia. Non è una considerazione da poco. Non si può dare ad un bambino una caramella per poi riprendersela. E’ naturale che farà di tutto per riuscire a riacciuffarla.
Dalla fine della seconda guerra mondiale e dalla liberazione della dittatura fascista ebbe inizio quel processo di ricostruzione del Paese che riconobbe la donna come entità indipendente e libera.
Ottennero il diritto al voto nel 1946, anche se ben più tardi degli altri paesi (Germania 1918, Spagna 1931, Regno Unito 1928, Austria 1918, in Vaticano tuttora votano solo gli uomini e non esiste il suffragio femminile).  Nel 1948 entrò in vigore la Costituzione con la partecipazione di diverse donne che concorsero alla sua scrittura. Il loro contributo fu rappresentato e  sancito dell’importantissimo articolo 3 di cui tutti conosciamo il contenuto ma che per correttezza riporto di seguito: “Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzioni  di sesso, razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.”
Nonostante la presenza femminile nei vari ambienti lavorativi e le acquisizioni di alcune libertà rispetto al passato, le donne continuarono ad essere considerate una proprietà del padre, del fratello e successivamente del marito. Questa concezione era ed è purtroppo molto forte ancora nella Chiesa e in alcuni esponenti politici che continuano ad inquadrare la donna solo all’interno della realtà familiare.
Ad oggi vantiamo l’entrata al Governo di un buon numero di esponenti femminili, una donna come presidente della Camera, la presenza femminile in tutti gli ambienti lavorativi (anche quelli considerati prettamente maschili), in quelli economici e sociali ma allo stesso tempo dobbiamo incorrere alla rettifica della Convenzione di Istanbul, documento che contrasta ogni forma di violenza , fisica e psicologica sulle donne e che introduce il riconoscimento della violenza domestica, dello stalking e del femminicidio, argomenti che da mesi imperversano nei telegiornali e nei talk show. Dobbiamo, in quanto l’articolo 3 della Costituzione, non è stato sufficiente. Il principio di uguaglianza degli uomini è continuamente messo a dura prova ed è stato necessario intervenire con un accordo dettagliato che mira a elencare ogni singola violenza rivolta alle donne sin da bambine (le mutilazioni genitali femminili e i matrimoni combinati). Non fraintendete quello che voglio dire. Il mio stupore e la mia indignazione sta nel fatto che queste forme di violenza non sono mai state considerate tali prima di oggi e che quindi siano state permesse senza normative e punizioni. La Convenzione, che diventerà operativa soltanto dopo la rettifica di dieci Stati di cui otto appartenenti al Consiglio d’Europa, parla anche di prevenzione, protezione e assistenza e su questo c’è ancora molto lavoro da fare. Senza contare le tante assenze da parte degli onorevoli durante il dibattito e al momento del voto.
La società italiana è nata e cresciuta maschilista, fatta di pregiudizi e di stereotipi che con lo sviluppo nazionale, sono rimasti tali. Non è quindi inspiegabile che in Italia ci sia ancora questa forte difficoltà e, a volte, avversità nell’accettare la parità di genere. Il dominio maschile oltre ad essere fisico/biologico è sempre stato percepito come una costruzione mentale, una visione del mondo per appagare la sua frustrante sete di dominio senza mai essere contestato e contrastato.
La donna, nascendo e crescendo in questo contesto, si è integrata in questo modo di pensare e ha accettato inconsciamente la propria inferiorità. Essa nasce inconsapevolmente come essere destinato al servilismo, alla sottomissione e al dolore. Quest’ultimo è un elemento più volte presente nella natura femminile  con, ad esempio, l’atto del parto.  La donna è da secoli l’antitesi per eccellenza. Procreatrice di vita e quindi interiormente forte e con un alto livello di sopportazione ma allo stesso tempo vulnerabile per la sua minuta ed inferiore fisicità. Cacciata, temuta e perseguitata negli anni dell’Inquisizione perché etichettata come strega e creatura del peccato.  Sono tutti chiari esempi che l’inferiorità femminile è esclusivamente una concezione mentale che solo le donne stesse possono impugnare e rivoluzionare per mezzo della presa di coscienza della loro identità. Ci vuole il raggiungimento di un’ autentica integrazione femminile.
L’uomo  è l’unico essere vivente che uccide e violenta i propri simili senza far distinzioni da bambini donne o anziani. La violenza nasce da una serie infinita di spiegazioni biologiche, sociali, economiche, ambientali e culturali. Partendo dal presupposto che siamo tutti sia buoni che cattivi, gli uomini che manifestano espressioni violente sono uomini in declino, talvolta con un livello culturale basso e pochi soldi in tasca. Molto spesso fanno abuso di alcool o di droga. Sono uomini sopraffatti dalla volontà di rivalsa, con una scarsa tolleranza alla frustrazione, impulsivi e antisociali. La propensione individuale nel diventare un soggetto violento deriva da diversi fattori: l’esposizione da bambini in una famiglia originaria violenta (il bambino cresce e matura il fallimento familiare e sviluppa un rifiuto di queste figure genitoriali sfogandolo con rabbia), l’avere alle spalle genitori con abusi di alcool o di stupefacenti, il vivere in ambienti con un alto livello di criminalità e con una facile accessibilità alle armi oppure in contesti sociali e ambienti disagiati e violenti, essere frustrati psicologicamente per motivi personali o fisici, etc. Questo perdurare di situazioni malsane e di criticità fisiche ed emotive possono avere conseguenze patologiche che se non gestire e non curate danno spazio a episodi di violenza verso se stessi, verso terzi o verso cose materiali. E’ dunque d’obbligo comprendere le origini del fenomeno ed intervenire in sede preventiva e quando non è possibile, tentare di correggere quello che non funziona nell’individuo stesso per raggiungere molteplici obiettivi: una vita accettabile per il soggetto patologico che non deve ledere quella degli altri. Le soluzioni ci sono e potrebbero essere applicate sin dalla scuola con l’insegnamento e la disciplina del rispetto tra compagni ed insegnanti ripartendo dall’educazione e dal buon esempio.
In secondo luogo, sarebbe utile quanto necessario cominciare con il correggere l´ingiustizia della violenza con la rapidità dei processi e d’importanza rilevante con la certezza della pena.
Il momento della rieducazione sociale è finalmente alle porte. Non c’è più scampo.  Troppi anni gettati  al vento, dati in pasto all’egoismo e al dominio di chi vuole ingrassare a discapito degli altri. E’ risaputo da sempre che la forza di uno Stato è data dal benessere del suo popolo, di tutto il suo popolo ma  per anni, questo non è stato preso in considerazione, lasciando il testimone di competenza altrui. Ma come si dice, “siamo arrivati alla frutta”  e dopo di essa non c’è più nulla. Rimbocchiamoci dunque le maniche e ripartiamo daccapo, con i valori e i bisogni di un tempo e riprendiamoci il benessere di allora in cui la solidarietà e l’altruismo, la forza interiore e la volontà di riuscire, alimentavano quotidianamente anima e corpo. Rieduchiamoci al rispetto e alla ricchezza interiore con una possibilità in più: accettando la donna come essere alla pari, come investimento. Si, proprio come investimento e non come una persona da sfruttare ma come arricchimento totale dove trarre beneficio in tutti i settori. Familiare, sociale, lavorativo ed economico. Vedetela come  un albero da frutto che non deluderà mai. Se lasciato libero di prosperare, darà frutti di qualità sempre superiore senza particolari pretese ma con l’esclusivo riconoscimento del rispetto e della propria libertà.

                                                                                                         Elena  Babetto

 

 

Pubblicato da Mimmo Cammarano

Sono nato a Salerno il 20/05/1958. Sono sposato ed ho due figli. Sono docente di Storia e Filosofia.

7 Risposte a “La condizione femminile del terzo millennio.”

  1. Ho letto tutto il post ma sinceramente lo trovo davvero poco obiettivo e quasi sfociante nel “fondamentalismo”.
    Il percorso del genere femminile è stato senza dubbio travagliato nel corso dei secoli e più sofferto per svariati motivi rispetto a quello degli uomini, ma trovo che molti degli esempi esposti dalla signora Elena siano anacronistici e con un valore relativo se applicati alla situazione attuale.
    Io faccio parte della generazione più giovane e forse alcune cose non posso capirle, ma almeno per il mondo e per le dinamiche sociali che io vivo ogni giorno (sia in Italia che all’estero dove mi sono recato molte volte) non riesco a capire a fondo questo problema “drammatico” del maschilismo che viene portato avanti con tale decisione da varie parti , che siano coinvolte o meno, in quanto non percepito nemmeno dalle donne in sè.
    Sinceramente mi sorprende anche parecchio che l’integrazione di persone di sesso femminile in ruoli di responsabilità possa diventare oggetto di campagne elettorali o programmi politici, come se l’importanza e il valore di una persona si determinasse dal nascere donna, invece che dall’avere capacità individuali.

    Ci sono ovviamente i casi in cui violenze e disparità di trattamento nei confronti delle donne sono oggettivi e radicati nella cultura e nelle usanze di gruppi sociali, come sentiamo spesso (ma forse troppo poco spesso) nelle cronache di tragedie avvenute, per la maggior parte, in paesi ancora in via di sviluppo o con forti influenze religiose. Queste vanno assolutamente condannate e necessiterebbero senza dubbio di più attenzione e di uno sforzo maggiore per il loro cambiamento.

    Da un altro punto di vista, ho sempre più l’impressione (e parlando dell’argomento con diverse amiche ho scoperto che è un’opinione diffusa tra le persone con un minimo di senso dell’oggettività) che questa lotta a prescindere contro il maschilismo (anche senza che questo si manifesti) , questa condanna dei soprusi contro le donne, lo spirito di “crociata” o di “lotta per il bene” di cui sembra permeata questa causa, siano i primi fattori che contribuiscono ad ALIMENTARE le eventuali differenze, e anche, perdonatemi, e rendere meno credibile il tutto.

    Bisognerebbe rendersi conto che il vero problema se una PERSONA viene violentata, uccisa, picchiata, trattata in maniera impari è LA VIOLENZA, e impegnarsi per combattere quella, non instaurare lotte contro fantomatici pregiudizi sessuali.
    Bisognerebbe rendersi conto che quando si sente parlare di violenze o tragedie casalinghe, il problema è la violenza e chi non è intervenuto in maniera consona nonostante le 18 denunce per stalking e violenze che erano già state fatte da anni. Non la disparità tra i sessi.

    Il forzare questa lotta a tutti i costi in favore delle donne mi sembra possa solo essere controproducente (si forma una sorta di “contropregiudizio”) in quanto la disparità sessuale, quando esiste, è spesso alimentata dall’importanza che vi si attribuisce. In tutto il resto del mondo, o quasi, donne occupano ruoli di importanza cruciale da anni. Evidentemente lì valutano IL MERITO e LE CAPACITA’ PERSONALI in maniera più oggettiva, di certo non il sesso.

    1. Buonasera Cesare innanzitutto volevo ringraziarla per aver letto l’articolo e per averlo commentato. Dopotutto lo scopo è proprio quello di esprimere concetti per poi discuterne assieme. Detto questo, mi viene facile pensare che lei vive forse in un contesto sociale, economico e lavorativo “fortunato” e che non ha mai avuto l’occasione di incontrare persone che quotidianamente vivono in ambienti ostili e discriminanti. Mi creda quando le dico che ce ne sono molte, anzi troppe. La sua riflessione in cui suppone che gli episodi di violenza di oggi, vengano utilizzati o meglio, strumentalizzati per incitare la lotta al maschilismo mi sembra però poco, o per niente realistica. Vede, i protagonisti di questi eventi di cronaca, anche i più feroci, sono prevalentemente nostri connazionali per cui non c’entrano i motivi religiosi ne tanto meno territoriali. Per elencarne alcuni degli ultimi 10 giorni, il fatto del padre di Brescia che oltre a minacciare ripetutamente di morte la ex moglie ne ha ammazzato i due figli, la vicenda di Marta, ragazza no Tav che protestata armata di torcia, limoni e bottiglie d’acqua che è stata brutalmente colpita alle spalle con manganellate, col volto schiacciato a terra dagli scarponi degli agenti, con la bocca rotta e denigrata con palpeggiamenti, sputi e ingiurie, il caso di Lecce marito geloso spara in testa alla ex moglie e si spara, la donna di Massa, marito uccide ex moglie e compagno, etc ). Il 25 giugno è intervenuto il relatore speciale dell’ONU contro la violenza maschile che, dopo un attenta indagine sulle condizioni italiane delle donne, ha dichiarato che la condizione è pessima e che è lo Stato stesso a permettere e tollerare che ciò accada, proprio per la sua incapacità di prevenire, proteggere e tutelare queste donne che continuano a denunciare e a chiedere aiuto alle istituzioni. Per quanto riguarda la disuguaglianza in ambito lavorativo ahime, anche qui i dati parlano. Leggevo a questo proposito, un articolo sull’Unità del 3/8 che riporta un’indagine Istat-Inps sulle pensioni italiane. Ebbene a conferma che le donne guadagnano meno degli uomini a parità di mansioni è un dato certo che è più marcato tra le regioni del Nord Italia. Reddito inferiore equivale a pensione inferiore e il dato che riportano è di un bel 65%. Anche per quanto concerne l’occupazione femminile vantiamo di un primato in negatività in quanto il tasso di occupazione femminile è tra i più bassi d’Europa e questo perché non c’è stata, come nei paesi del Nord, un allineamento tra la condizione femminile e quella lavorativa. In Italia ci sono ancora aziende che prediligono assunzioni maschili perché danno una continuità lavorativa, cosa che la donna qualora decidesse di avere figli, non può assicurare. La prima legge sui congedi parentali è stata introdotta soltanto nel 2000. Questi sono tutte chiare dimostrazioni che la donna italiana nel 2013 non è considerata e non può esserlo né per merito né per capacità individuali e il problema è proprio il maschilismo che regna nelle nostre istituzioni e in moltissimi enti che dovrebbero fungere da supporto. Dimostrano inoltre che c’è una forte mancanza di rispetto e la mancanza di rispetto mortifica la dignità ed è fonte di inefficienza economica, lavorativa e sociale.

  2. Accettare e Valorizzare le diversita’.

    Ho letto il post gentile Elena, la ringrazio della riflessione che ci ha proposto.
    Sono consapevole che ci sia molto da lavorare sulla visione che si ha della Donna come societa’ ma anche a livello mondiale.
    Io pero’ partirei da altro pur arrivando credo alle stesse sue conclusioni.
    Oggi con l’avvento della globalizzazione e ‘del tutti se s’impegnano possono diventare ricchi belli e famosi’ abbiamo ingaggiato una sorta di battaglia tra classi/sessi e popoli.
    L’arrivare ad un ‘benessere’ che dovrebbe essere garantito per diritto ha attivato nell’uomo lo spirito di sopravvivenza, quello piu’ oscuro.
    Non e’ pensabile che tutti possanno essere ricchi e famosi (ammesso che questo sia importante), ma e’ auspicabile per tutti un Benessere
    meritato per il solo essere Donne o Uomini, e come arrivare a tutto questo!? Secondo il mio punto di vista eliminando ogni forma di competizione ‘malata’ tra uomini.
    Mi spiego. Fin da piccoli ognuno di noi ha fatto i conti con i propri limiti ed ha cercato alcuni di superarli altri li ha dovuti suo malgrado accettare il che significa rendersi conto che se uno non nasce bello come Brad Pitt non potra’ mai sperare di diventarlo magari passando una vita a farsi ritocchi estetici etc dall’altra il nostro Brad non avra’ problemi a fare l’attore se studia ma forse ne avra’in matematica, fisica, filosofia o non so.
    Esistono quindi diversita’ ‘strutturali’ con le quali bisogna fare i conti. Secondo me il problema delle Donne nasce proprio da questo ovvero, oltre al maschilismo dilagante,dal non accettare la loro diversita’ (dono).
    Nell’accettare il ruolo la Donna significherebbe uscire dalla competizione becera contro gli Uomini e stabilirebbe un equilibrio sociale inaspettato.
    Ovviamente questo deve passare per scelte politiche orientate all’inclusione del mondo Femminile. Ma credo che molto derivi anche da un approccio alla competizione con gli uomini che non dovrebbe proprio esistere.
    Donne ed Uomini ‘funzionano’ solo le si completano vicendevolmente valorizzando le loro diversita’ nel rispetto reciproco dei ruoli.
    Questo avrebbe ricadute positive in tutto il mondo. Insegnerebbe ai figli a comprendere che non sempre si e’ primi ma loddove lo si e’ bisogna esserlo per supportare gli altri e viceversa.
    Per quanto riguarda la visione dell Donna all’interno della Chiesa 2 episodi: La Nascita di Gesu’ avviene per mezzo dell’accettazione di una Donna (Dio sottomesso al volere di un essere Femminile) 2) il Miracolo delle nozze di Cana (Dio che risponde alla richiesta di sua Madre)
    Questa e’ l’impalcatra sulla quale la Chiesa si dovrebbe sorreggere e Dio merita’ molti di piu’ della Chiesa che ha su questo siamo d’accordo! 😉

    1. C’è un’errata considerazione del benessere e della felicità. Si punta come dice lei, sul raccimolare più denaro possibile e sull’apparenza come se la felicità dipendesse solo da queste due futili e labili condizioni. La felicità e l’appagamento dipendono esclusivamente dall’individuo stesso, dalla volontà di rimboccarsi le maniche e di lavorare sulla propria persona senza creare dipendenze ma interdipendenze, prendendo ciò che di buono ci viene dato e dando, a nostra volta, il buono che c’è in noi. Questo principio di valorizzazione soggettiva e di solidarietà collettiva non dovrebbe avere distinzioni di sesso nè di genere. Ognuno è migliore in qualcosa e spetta a lui scoprire la propria dote o attitudine per poi scoprirsi al mondo. Per questo non ci dovrebbero essere delle differenze di condizioni e di arrichimenti in quanto tutti dovrebbero attingere dallo stesso panienre in egual modo. La competizione è di chi parte con l’intento di sofraffare sull’altro e crea automaticamente delle diversità in negativo quando invece dovrebbero essere considerate un valore aggiunto per arricchirsi. Grazie a lei per il suo intervento e concordo pienamente quando dice che la Chiesa, la vera Chiesa, l’unica autentica ed indiscutibile Chiesa si vede come immagine della maternità divina, rigenerando gli uomini mediante il Battesimo, nutrendoli con i Sacramenti della Salvezza, accompagnandoli per l’approdo finale nella Vita Eterna”.

  3. Per me il Benessere non e’ affatto basato sul successo o sul conto in Banca (anche se non demonizzo chi li ricerca). Anzi!. Non c’e’ dubbio che tutti dovremmo avere accesso allo stesso paniere, ma io dico ad un sacco di ragazze giovani con le quali mi confronto sempre la stessa cosa ‘Perche’ volete avere a tutti a costi la parita’ copiando il peggio di noi uomini? Questo io lo definirei appiattimento? Essere Donne e’ altro dall’essere Uomo, per fortuna!’.
    A presto 🙂

    1. Non mi fraintenda, concordo totalemnte il suo intervento. Il mio era un rimarcare certe errate attitudini che lei ha accennato essere sbagliate e che mirano ad una breve sensazione di benessere. La sua domanda è giusta (Perche’ volete avere a tutti a costi la parita’ copiando il peggio di noi uomini?) e sarebbe curioso sapere le risposte che riceve. Magari per un idea un prossimo articolo. Cordialmente Elena.

  4. Il commento lasciato dall’ “innominato” amico sopra mi trova molto più d’accordo. Il concetto della diversità naturale e dell’errore in cui si incappa quando si vuole a tutti i costi forzare il confronto era uno a cui avevo pensato e su cui stavo meditando di scrivere.

I commenti sono chiusi.