La politica energetica che l’Italia deve intraprendere per salvaguardare sia la nostra economia con il relativo debito pubblico e sia l’ambiente naturale, non può prescindere dalla realizzazione di una progressiva svolta verso le fonti alternative e rinnovabili di produzione di energia. Questa nuova prospettiva, comporterebbe la realizzazione di decine di migliaia di posti di lavoro e quindi favorirebbe anche l’abbassamento delle percentuali patologiche di disoccupazione in Italia. Vediamo come può essere realizzata.
In primo luogo deve essere incrementato e generalizzato il fotovoltaico, l’eolico e l’energia prodotta dalla combustione di biomasse, presenti in tutti i cicli di produzione industriali, agricoli e nei rifiuti urbani, che nel loro insieme possono ridurre di un terzo la dipendenza dal petrolio e da tutte le fonti energetiche derivate dai prodotti fossili, che acquistiamo all’estero aggravando il nostro bilancio economico.
Le attuali conoscenze scientifiche forniscono all’uomo, per la prima volta, i mezzi e le conoscenze tecnologiche necessarie per progettare e costruire edifici autosufficienti che non dipendono da fonti energetiche esterne (l’Italia importa secondo Eurostat , l’81% del suo fabbisogno dall’estero). Le nostre città possono diventare produttori e non importatori di energia.
Di queste tematiche e di molto altro ancora, se ne sta parlando in questi giorni a Milano durante la manifestazione “Innovation Cloud” il salone delle energie rinnovabili a Fiera Milano. Sulle basi del “Nextbuilding” il nuovo criterio di riferimento dell’Ue per l’edilizia e l’architettura sostenibile, entro la fine del 2020, ma già dalla fine del 2018 per quelli pubblici o ad uso pubblico, ogni nuova costruzione in Europa dovrà essere a energia quasi zero.
In particolar modo l’Italia, sulla scorta dei regolamenti dell’UE, dovrebbe aumentare i dazi sui pannelli solari prodotti in Cina, dal 35 al 67% dal valore dei beni importati, per rendere più competitivi le nostre industrie del settore, che potrebbero utilizzare anche le nuove tecnologie sperimentate in Australia, dove alcuni ricercatori del Centro di eccellenza nel fotovoltaico dell’Università del Nuovo Galles del sud, hanno conseguito lodevoli risultati nell’efficienza dei pannelli solari, soprattutto per quanto concerne i costi di realizzazione degli stessi.
La novità consiste nell’utilizzo di atomi di idrogeno per ovviare ai difetti delle celle di silicio usate nei pannelli solari. Pertanto dal silicone di scarsa qualità, si riescono a produrre gli stessi rendimenti dei “wafer”( una sottile fetta di materiale semiconduttore sulla quale vengono costruiti circuiti integrati) di alta qualità. Questo trattamento secondo l’equipe del Centro, abbatterebbe notevolmente la spesa di produzione dei pannelli, dal momento che i wafer di silicio rappresentano più della metà del costo degli stessi.
Una produzione estensiva e massiccia di queste nuove tecnologie, darebbe lavoro a moltissimi disoccupati italiani, per la produzione, l’installazione e manutenzione dei nuovi impianti e nel contempo implicherebbe una sostanziale riduzione della bolletta energetica che dobbiamo pagare all’estero per fornirci di petrolio e metano. Quindi con un’opportuna politica energetica di tipo “rivoluzionaria”, potremmo combattere il deficit economico, la disoccupazione e migliorare l’ambiente naturale, riducendo le fonti d’inquinamento senza rinunciare ad alcune sostanziali conquiste che sono connesse con la nostra quotidianità.
Per la Neodemocrazia sociale. Domenico Cammarano
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