I mali del Sud / Mai più il paternalismo ( di Alfonso Conte)

Da almeno due secoli è difficile parlare di cittadinanza nel Mezzogiorno senza legare tale valore ad una particolare forma di gestione del potere ad esso preesistente, qui particolarmente radicata e naturalmente avversa alla sua affermazione: il paternalismo. Paternalisti per secoli sono stati alto clero ed aristocrazia feudale, i quali, in assenza di un autorevole e ramificato potere centrale, hanno goduto dell’assenza di regole certe per imporre un’egemonia assoluta, agevolata dall’arretratezza culturale delle masse popolari e dalla debolezza della borghesia soprattutto in ambito provinciale. E, da allora, paternalisti hanno continuato ad essere i ceti dirigenti meridionali secondo forme e contesti diversi, in ogni caso giustificando il loro potere come supplenza resa necessaria dalla mancata evoluzione della maggioranza degli individui a cittadini. Finito l’ancien régime, pertanto, nonostante diritti e doveri fossero da allora in poi previsti dalle leggi, i rapporti tra governati e governanti hanno continuato ad essere regolati da invocazioni, da un lato, e concessioni, dall’altro, di “piaceri”, grazie, sussidi, assistenze, a volte addirittura miracoli, secondo uno schema fortemente modellato sulla tradizionale relazione tra pii devoti e santi patroni.

Paradossalmente, gli stessi esponenti di avanguardie illuminate, le quali altrove nascevano e si diffondevano con un programma volto al riscatto delle masse proletarie, sono divenuti nel Mezzogiorno classe dirigente senza infrangere i modelli consueti, inizialmente utilizzando gli strumenti della polemica e della denuncia per emergere, ma poi, una volta conquistata una fetta di potere, prendendo la scorciatoia della gestione clientelare e giustificandosi con la necessità di adeguarsi al sistema dominante per evitare di soccombere. Mentre, allo stesso tempo, prestigiosi meridionalisti producevano approfondite analisi ed elevavano accorati appelli, destinati, tuttavia, a restare nei circuiti ristretti delle élite intellettuali, condannati da prevalenti interessi a risuonare come voci nel deserto. Colpa dei preti, degli intellettuali, poi della scuola, della televisione, forse dei lunghi secoli trascorsi a vivere da sudditi … certo, a distanza ormai di anni, il Sud resta quell’area dove, a testimonianza di quanto il sentimento di cittadinanza sia in molti casi avvertito estraneo, la compravendita dei voti è fenomeno diffuso, ma ancor più il voto dato per fare un favore al cognato o all’amico del cognato o al medico curante o al datore di lavoro. Un voto ceduto per poco o nulla. Quel voto che altrove resta il diritto più qualificante di ogni cittadino. Quello stesso voto, conquista sofferta sia del Risorgimento liberale sia della Resistenza antifascista, per il quale tanti, anche tra i meridionali, hanno combattuto e finanche dato la vita.

Tuttavia, anche nel Mezzogiorno degli ultimi anni, emergono importanti segnali di discontinuità. Grazie anche alle tanto bistrattate agenzie formative, come le università meridionali condannate ad operare in un contesto complesso, tanti giovani maturano spirito critico e desiderio di vivere la modernizzazione da protagonisti. Grazie soprattutto ad internet, un numero crescente di utenti ha l’opportunità di accedere ad una ricca messe di notizie, di comporre autonomamente il proprio personale quotidiano, spesso di andare direttamente alle fonti evitando qualsiasi mediazione interessata. Per molti aspetti realizzando uno dei sogni del sessantotto, quello di una contro-informazione libera, indipendente, finalmente sottratta ai condizionamenti dei poteri forti. E, sempre più spesso, sempre più persone scoprono che il re è nudo. Si moltiplicano gruppi di cittadinanza attiva, si sperimentano forme di associazionismo 2.0, mentre i partiti, involuti in apparati dediti al professionismo elettoralistico, appaiono ormai come vertici senza più basi, sempre più debolmente puntellati da un consenso frutto di stucchevoli rappresentazioni messe in scena nei salotti e nei talk-show televisivi. I processi sono in corso e gli esiti non sono scontati, poiché è ancora forte il peso dei professionisti delle campagne elettorali, dei grigi funzionari con i pacchetti di tessere sotto al braccio, dei ricattatori dei dipendenti delle società miste, i quali senza vergogna deridono quelli che loro definiscono “anime belle”, quelli che operano invocando rispetto delle regole e promuovendo nuova coscienza civica. Ma non vi è dubbio che, allo stesso tempo, mai come oggi sia diventata dura la vita per i politici travestiti da buoni padri di famiglia, soprattutto perché continua a diminuire il numero di coloro disposti a farsi trattare ancora come bambini immaturi. Anche perché, al Sud, si sa, i padri sono stati quasi sempre padri-padroni, i quali, a mantenere i figli in uno stato di soggezione, ad impedire la loro emancipazione, hanno guadagnato sempre e soltanto loro.

                                      Prof. Alfonso  Conte        (Università degli Studi di Salerno)

Pubblicato da Mimmo Cammarano

Sono nato a Salerno il 20/05/1958. Sono sposato ed ho due figli. Sono docente di Storia e Filosofia.

Una risposta a “I mali del Sud / Mai più il paternalismo ( di Alfonso Conte)”

  1. La fenomenologia della vita politica nel nostro Mezzogiorno è descritta in modo ineccepibile dal nostro Alfonso…. ma questa non è una novità! Le iniziative politiche ” dal basso” svincolate dalle logiche dei partiti, sono delle realtà emergenti che anch’io sto monitorando, ma che purtroppo risultano ancora evanescenti e per nulla collegate e , magari, coordinate per una possibile azione politica alternativa. Caro Alfonso, è tempo di passare dalla denuncia all’azione concreta, impegnandosi, come diverse volte abbiamo condiviso, in quelle attività di coordinamento di questi “Comitati indipendenti” per promuovere un percorso politico che sappia finalmente di “attuazione delle democrazia”, lontani dalla partitocrazia e dal populismo imperante.

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