Don Puglisi e don Gallo: due modi d’essere nella Chiesa.

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Stamattina è stata celebrata la messa per la beatificazione di don Pino Puglisi il sacerdote del quartiere Brancaccio di Palermo, assassinato venti anni fa  perché cercava di sottrarre i giovani dalla piovra della mafia che dilania la nostra società.

Don Pino Puglisi, all’età di cinquant’anni   ricevette l’incarico di parroco nella chiesa di San Gaetano. Don Puglisi si trovò davanti una realtà  di degrado sociale in cui la mafia agiva da padrona.  Ricordiamo, ancora con emozione, l’invettiva contro la mafia del beato papa GiovanniPaolo II,  durante la sua visita in Sicilia. Don Pino Puglisi da autentico sacerdote, decise di dedicarsi al recupero dei  giovani, soprattutto bambini e adolescenti che non frequentavano la scuola ed erano impiegati nella manovalanza di Cosa Nostra. Don Pino, sostenuto  da poche persone di buona volontà , diede  vita al Centro Padre Nostro. La sua parola ferma, la sua denuncia coraggiosa, il suo lavoro di formazione delle coscienze, sostenuto da una vita povera e trasparente, diedero fastidio ai mafiosi che decisero la sua eliminazione. Il 15 settembre 1993, giorno del suo compleanno, don Puglisi fu  freddato con un colpo alla nuca dal killer della mafia Spatuzza, che in seguito, dal carcere affermerà di essersi pentito e convertito grazie al prete assassinato che gli sorrise anche nell’ultimo istante della sua vita.

C’è poco da dire: è il modello di sacerdote che troppo spesso manca nei nostri quartieri, nella nostre chiese, alle nostre porte di casa.

Nella stessa giornata a Genova si sono celebrati i funerali di don Andrea Gallo, decisamente un prete di stile diverso, rispetto a don Puglisi, se non altro per le contrapposizioni che da decenni l’hanno visto in conflittualità con le gerarchie ecclesiastiche e in modo particolare quando nel 1970 il cardinale Siri gli tolse la parrocchia del Carmine  perché appariva troppo politicizzato.

Nella parrocchia  don Andrea fece scelte di campo con gli emarginati. La parrocchia diventò un punto di aggregazione di giovani e adulti di ogni parte della città, in cerca di amicizia e solidarietà con i più poveri e con gli emarginati, che al Carmine trovavano un punto di ascolto.

Secondo la “Comunità di San Benedetto al porto” fondata  da don Gallo, l’episodio che provocò il suo trasferimento fu un incidente verificatosi nell’estate del 1970  quando in un omelia, dopo la scoperta di una fumeria di hashish a Genova, prendendo spunto dal fatto, il sacerdote affermò che rimanevano diffuse altre droghe, per esempio quelle del linguaggio, grazie alle quali un ragazzo può diventare “inadatto agli studi” se figlio di povera gente, oppure un bombardamento di popolazioni inermi, può diventare “azione a difesa della libertà”. Don Andrea fu accusato di essere comunista; e questo sarebbe stato il motivo per cui la curia decise il suo allontanamento.

Qualche tempo dopo venne accolto dal parroco di San Benedetto al Porto, don Federico Rebora, e insieme a un piccolo gruppo diede vita alla sua comunità di base, la Comunità di San Benedetto al Porto. Da allora si impegnò sempre di più per la pace e il recupero degli emarginati, chiedendo anche la legalizzazione delle droghe leggere: nel 2006 si fece multare, compiendo una disobbedienza civile, fumando uno spinello a Palazzo Tursi, sede del comune di Genova per protestare contro la legge sulle droghe. Era un grande amico di Vasco Rossi e di Piero Pelù, impegnati anch’essi per la legalizzazione delle droghe leggere.

Sin dal 2006 sostenne attivamente il movimento No Dal Molin di Vicenza che si opponeva alla costruzione di una nuova base militare Usa nella città veneta. Il 27 giugno 2009  partecipò al Genova Pride 2009, lamentando le incertezze della Chiesa cattolica nei confronti degli omosessuali. Don Gallo presentò anche il primo calendario Trans della storia italiana, con le trans storiche del Ghetto di Genova.

Francamente, ritengo, come ho già espresso in un precedente articolo sulla Chiesa di Papa Francesco che non decolla, che i veri cattolici  devono aprire le porte della Chiesa e uscire nella società per rinnovare l’evangelizzazione, per trasferire i valori cristiani nell’ economia e nella politica; ma certi impegni sulla liberalizzazione delle droghe leggere o sui calendari dei trans, mi sembrano quanto meno fuori posto e decisamente poco confacenti al ruolo di un sacerdote cattolico.

 Piuttosto chi sente proprio la necessità di confrontarsi su queste ed altre tematiche squisitamente di partito, anche da cattolico può farlo tranquillamente, ma senza confondere l’identità  di attivista di partito con quella di sacerdote cattolico. Naturalmente vanno sempre lodate  tutte le iniziative a favore degli emarginati e dei poveri, distinguendo nel contempo, l’azione concreta a sostegno di quest’ultimi con tentativi di rimodellare il cristianesimo, come dottrina, con mode e esigenze sociologiche che creano più confusioni di principi e di finalità.

Decisamente, rispetto alle tante eminenze grigie  e cattolici da salotto, l’impegno di don Gallo, rimane pur sempre costruttivo, ma senza dubbio il modello del beato don Pino Puglisi, resta l’esempio che la Chiesa dei nostri giorni deve imitare e proporre a tutti coloro che desiderano un  reale cambiamento della nostra società in termini di crescita della persona umana, al di sopra dei valori del consumismo di massa e dell’essere piuttosto che del’apparire.

Per la Neodemocrazia sociale.                                   Domenico Cammarano

Pubblicato da Mimmo Cammarano

Sono nato a Salerno il 20/05/1958. Sono sposato ed ho due figli. Sono docente di Storia e Filosofia.