Un lavoro a servizio dell’uomo, al di là dei politicanti.

Dalla fine dell’Ottocento e soprattutto dopo il ridimensionamento delle dittature che hanno caratterizzato il Novecento, il lavoro è stato concepito sempre più  in relazione con la  dignità della persona umana, senza identificarsi con l’essenza della persona stessa , nonostante la lezione marxista che ha concepito l’uomo come  sintesi dei rapporti socio-economici.  

L’uomo non può essere mai la risultante di un’equazione di forze e rapporti socio-economici legati ad esigenze consumistiche indotte dai poteri finanziari del capitalismo mondiale o, almeno, speriamo che non sia esclusivamente un “animale d’allevamento” condizionato solo  da esigenze consumistiche veicolate dall’esterno e che la sua essenza non si riduca solo a ciò che produce e consuma. Crediamo  che l’uomo , adeguatamente educato ad una sensibilità intellettuale e morale, possa creare in modo originale sempre più una molteplicità di beni materiali , ahimè spesso illusori e alienanti, ma ancor di più beni spirituali e durevoli , frutto della ricerca che coniuga creatività, intelligenza, valori e scienza, insomma quella qualità della vita che è sicuramente l’espressione migliore dell’evoluzione del genere umano. 

In breve, sostengo che l’uomo, per quanto sia difficile affermarlo in una società consumistica come quella del mondo industriale  governata dal dio “denaro”, non debba realizzarsi solo in termini di possesso e sfruttamento di risorse a danno dell’intero ecosistema, ma che alle “sirene” del dio “Avere” possa contrapporsi una dimensione di progresso qualitativo dell’esistenza, dove i progressi tecnologici per produrre i “beni materiali”  abbiano solo la funzione di sollevarlo dalle “fatiche ” storiche per soddisfare i suoi bisogni primari, senza peraltro essere costretti a “vendere” l’intera esistenza  rincorrendo bisogni indotti, per lo più inutili e dannosi per il singolo, per la collettività , per la Terra.

Il lavoro, attività irrinunciabile e fondante per la dignità dell’uomo di ogni epoca, emancipato dall’intelligenza umana grazie alle scoperte scientifiche e alle tecnologie derivanti, dovrebbe  sempre più essere circoscritto  nell’ambito del tempo disponibile dell’esistenza del singolo, anche riducendo la giornata lavorativa di ognuno, per garantire a tutti tempi diversi da dedicare alle attività “ricreative”  in parte , per non rimanere degli eterni fanciulli interessati solo ai “trastulli”, ma soprattutto allo studio, alla ricerca , alla conoscenza non solo intellettuale , ma anche quella determinata dall’acquisizione di nuove abilità pratiche che vanno dall’autosufficienza dei propri bisogni giornalieri, all’acquisizione di nuove tecniche , mestieri e arti creative.

Era un sogno della generazione degli anni Sessanta il “lavorare meno per far lavorare tutti”, ma con il correttivo ( tutto da realizzare in termini educativi ) che il tempo libero non sia una causa per creare una generazione di  alcolizzati, drogati, tabagisti e psicolabili dediti ai giochi d’azzardo e alle scommesse. Il tempo libero creativo fruibile da parte di tutti, dovrebbe avere la duplice funzione di liberare l’85% dei lavoratori italiani dallo stress del lavoro a tempo pieno, per ridistribuirlo al restante 15% e oltre che è prostrato per il motivo opposto, ovvero per la mancanza di una dignitosa attività lavorativa che assicuri il pieno soddisfacimento dei bisogni primari e nel contempo dia la possibilità di realizzare quel tempo libero creativo e mai autodistruttivo.

La società intera nelle sue  molteplici istituzioni,  dovrebbe impegnarsi per sensibilizzare tutti verso la necessità di ridefinire il criterio di progresso e di crescita intesi, oggi, solo nell’eccezione di aumentare sempre più la disponibilità di beni materiali superflui , concentrandosi, invece, su uno sviluppo qualitativo dell’esistenza dell’uomo che sappia distinguere la ricchezza come “Avere” impersonale e alienante ( identificata troppo spesso con  quello che si possiede) dalla ricchezza come “Essere”, cioè   in termini di valori, sensibilità, sentimenti e capacità creative personali e relazionali ( dove la crescita qualitativa è illimitata ). 

In quest’ottica il lavoro dovrebbe essere solo un mezzo, disponibile a tutti, nella consapevolezza che non si vive solo di lavoro produttivo ma soprattutto di crescita in termini  qualitativi. Quindi ad una economia che impone ” l’usa e getta”, il produci tanto e  consuma presto per poi produrre ancora, si dovrebbe contrapporre una vera rivoluzione sul piano economico, del produrre per conservare e poi riconvertire, connessa ad una rivoluzione culturale e spirituale che sostenga i valori della tolleranza, dell’altruismo e della solidarietà, della cooperazione ad ogni livello, che necessita di ricerche e studi  scientifico e ancor più  umanistici.

giardinaggio

Tutto ciò nasce dalla cultura del’essere responsabili , del “prendersi cura” di  se stessi, dei propri cari, delle cose che ci vengono affidate, degli impegni che abbiamo voluto per noi e con gli altri, nell’ottica della massima kantiana che impone di considerare la nostra essenza umana e quella degli altri sempre come fine e mai come mezzo dei nostri piaceri effimeri e passeggeri. Se poi oggi ci troviamo in una società dove ognuno tira l’acqua al proprio mulino, dove si rivendicano  principi di solidarietà e giustizia sociale, solamente perché ci si trova nel bisogno, strafregandosene dei propri familiari, dei propri parenti, dei propri vicini , dei propri colleghi di lavoro, insomma se facciamo prevalere il nostro egocentrismo, come possiamo lamentarci della “Buona scuola ” , del Jobs Act  e di altre “baggianate” che ci propina l’allegra brigata di Renzi e dell’ amico Berlusconi?

Costoro sono i frutti vecchi e nuovi di una cultura “del bene comune” che non esiste, sono i frutti   di quel menefreghismo popolare che ha sempre abdicato in funzione del “salvatore della patria” di turno che promette, promette e che è abilissimo a venderti “escrementi” per “fiori d’arancio” o “fondi di bottiglia” per “brillanti”, pur di conservare un “posto al sole”! E tutto è fattibile  , anche con pochi mezzi intellettuali, perché un popolo che ha dissipato i migliori valori di solidarietà ,a partire dall’ambito familiare, privilegia la cultura del “o Francia  o Spagna basta che se magna”! Ed ecco perché  si riesce a far credere agli Italiani che il lavoro che manca lo si produce modificando i diritti dei lavoratori, smerciando tale assurdità come “una rivoluzione epocale” piuttosto che etichettarla come “una stronzata eccezionale”.

Per l’Attuazione della Neodemocrazia sociale               Domenico  Cammarano

Pubblicato da Mimmo Cammarano

Sono nato a Salerno il 20/05/1958. Sono sposato ed ho due figli. Sono docente di Storia e Filosofia.